04-04-2023

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Dieta

La spalla congelata: come recuperare velocemente la mobilità

Gianluca Fornara


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La "spalla congelata" (sc) è una patologia molto frequente caratterizzata da comparsa spontanea e graduale di dolore e limitazione funzionale dell’articolazione colpita, nella quale si sviluppano un processo infiammatorio ed una fibrosi capsulare le cui cause non sono attualmente del tutto comprese. 

La prevalenza nella popolazione può arrivare fino al 2-5%, è più frequente nelle donne tra i 40 e i 60 anni ed è in aumento. Nella maggior parte dei casi la spalla congelata è idiopatica, cioè non se ne conosce la causa, ma è associata spesso a diabete, disfunzioni tiroidee, disfunzioni endocrine, parkinsonismi e iperlipidemia; raramente è secondaria ad altre condizioni patologiche della spalla. All’esame obiettivo il riscontro più importante è rappresentato dalla limitazione del range di movimento sia attivo che passivo. Le radiografie della spalla, quando richieste, mostrano solitamente anche modesti segni di artrosi.
 
La spalla congelata è considerata una patologia autolimitante, cioè che si autorisolve, ma la condizione di dolore e di disabilità che ne deriva può durare anche per anni dall’esordio dei sintomi.
In un famoso studio (Shaffer B., Tibone J. E., Kerlan R. K., 1992, "Frozen shoulder. A long-term follow-up") il 50% dei pazienti continuava ad avere dolore a distanza di 7 anni dalla comparsa dei sintomi! 
 
Nella fase iniziale ("freezing", della durata media approssimativa di 2-9 mesi) il sintomo principale è il dolore, che: 
  • compare insidiosamente e aumenta gradualmente per poi cronicizzarsi; 
  • è localizzato alla spalla e al braccio ma raramente supera il gomito; 
  • si aggrava di notte; 
  • si associa ad una progressiva perdita di funzionalità. 
C’è poi una lunga fase di stallo caratterizzata dalla rigidità (“frozen”, 6-12 mesi), in cui il range di movimento attivo e passivo risulta estremamente ridotto prima della lenta risoluzione della sintomatologia (“thawing”, 1-4 anni).


TERAPIA PER LA SPALLA CONGELATA


Sono disponibili molteplici trattamenti che, quando adeguatamente prescritti, permettono di limitare notevolmente la durata della sintomatologia e di tornare alle attività lavorative e ricreative in tempi relativamente brevi.
  • Il trattamento conservativo (non chirurgico) garantisce buoni risultati nel 90% dei casi, con scomparsa del dolore e ottimo recupero funzionale.
  • L’assunzione di farmaci anti-infiammatori e cortisonici può essere utile per limitare la sintomatologia nelle prime fasi.
  • I cardini del trattamento conservativo della spalla congelata sono, però, la terapia infiltrativa e la fisioterapia
 
Nella letteratura scientifica sono disponibili molteplici studi che dimostrano come l’infiltrazione intra-articolare di corticosteroidi porti ad un rapido miglioramento della sintomatologia, riducendo l’infiammazione, il dolore e la limitazione funzionale. L’associazione con piccole quantità di anestetico locale, inoltre, migliora ulteriormente l’efficacia della terapia. Solitamente si consiglia di eseguire un’infiltrazione a settimana per 3-5 settimane direttamente nell’articolazione. La procedura, se eseguita correttamente, risulta non dolorosa e relativamente sicura. L’infiltrazione locale di cortisonici risulta, però, efficace nel controllare la sintomatologia solo a breve termine. 
 
L’idrodistensione, cioè l’iniezione di grandi volumi di soluzione salina nella spalla per distendere la capsula articolare, veniva diffusamente praticamente in passato ma gli studi scientifici hanno dimostrato che, soprattutto se eseguita isolatamente (cioè senza l’utilizzo concomitante di corticosteroidi), porta a scarsi risultati. 
 
Al fine di garantire un completo recupero funzionale ed una rapida ripresa delle attività ma soprattutto al fine di mantenere il beneficio terapeutico nel lungo termine, alle infiltrazioni di corticosteroidi spesso si associa il trattamento fisioterapico.
In particolare si raccomanda l’esecuzione, con un terapista dedicato, di esercizi volti a recuperare l’intero range di movimento e caratterizzati da uno stretching gentile e da mobilizzazioni graduali nella prima fase della patologia (“freezing”). 
Nelle fasi successive gli esercizi saranno, invece, caratterizzati da uno stretching più accentuato su tutti i muscoli della spalla e saranno volti a rinforzare i muscoli della cuffia dei rotatori (intimamente connessi alla capsula articolare infiammata e talvolta fibrotica).
 
Le sedute solitamente si eseguono due o tre volte a settimana e ri-approccio chirurgico nel caso di un paziente non responsivo dopo almeno 6 mesi di trattamento. Risultano molto più efficaci se coadiuvate dall’esecuzione di routine semplificate di esercizi, anche nelle giornate in cui il paziente non si sottopone alle sedute fisioterapiche.

Nei casi in cui il paziente sia adeguatamente trattato ma non risulti responsivo alle terapie, sono disponibili procedure più aggressive o chirurgiche: manipolazione sotto anestesia (per sbloccare l’articolazione) o veri e propri release capsulari, eseguibili artroscopicamente o tramite chirurgia aperta. 
 
Non esistono linee guida univoche sulla tempistica ma solitamente si può considerare un approccio chirurgico nel caso di un paziente non responsivo dopo almeno 6 mesi di trattamento.
 
 Physical therapy in the management of frozen shoulder
(Da Chan HBY, Pua PY, How CH. Physical therapy in the management of frozen shoulder. Singapore Med J. 2017 Dec;58(12):685-689)
 

Dott. Gianluca Fornara
Ortopedia e Traumatologia
Specialista in Protesi di Anca e Ginocchio
U.S.I. Piazza Vittorio - Via Machiavelli, 22
U.S.I. Serpentara - Via G. Pacchiarotti, 95
U.S.I. Borghesiana - Via Casilina, 1838