02-06-2023

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Medicina

Trattamento endovascolare mini-invasivo dell’insufficienza venosa degli arti inferiori

Luca Palombi, Monica Morelli

Per Insufficienza Venosa Cronica (IVC) degli arti inferiori si intende un insieme di sintomi conseguenti ad un difficoltoso ritorno del sangue venoso dalle gambe verso il cuore causata dalla dilatazione e/o dal mancato funzionamento dell’apparato valvolare delle vene superficiali degli arti inferiori.
Le varici, in particolare, sono dilatazioni permanenti della parete delle vene.
Il numero di gravidanze, l’uso degli anticoncezionali orali e il sovrappeso contribuiscono alla loro formazione. La familiarità, il tipo di lavoro (che comporti ortostatismo o sedentarietà) e la stipsi cronica sono altri fattori che ne favoriscono l’insorgenza.

Negli ultimi anni il trattamento chirurgico della patologia venosa varicosa ha subito una progressiva, ma sostanziale, evoluzione verso la mini-invasività. Tali cambiamenti delle tecniche hanno permesso non tanto il raggiungimento di una maggiore radicalità della procedura, nel senso di abolizione del reflusso, ma, certamente, un recupero post-operatorio sempre più rapido ed una riduzione delle complicanze peri- e post-procedurali.
Per tale motivo le attuali linee guida internazionali raccomandano come trattamento di prima scelta dell’insufficienza venosa le tecniche ablative percutanee, come la termoablazione laser (EVLA) o la radiofrequenza (RFA).
Tuttavia il passaggio dalla chirurgia ‘tradizionale open’ a quella percutanea non ha rappresentato il traguardo finale dell’evoluzione: si è potuto assistere infatti ad un progressivo affinamento della metodica in essere attraverso l’utilizzo di materiali a tecnologia sempre più avanzata.

Per quanto concerne la tecnica di termoablazione laser (EVLA) questa sfrutta appunto gli effetti che il laser ha sui tessuti bersaglio. Un fattore estremamente importante sono i cromofori, ovvero le particelle che assorbono le radiazioni luminose e che rendono il laser uno strumento ad elevata selettività e precisione per il trattamento della singola patologia. In particolare l’elemento che più influisce su tale selettività è la lunghezza d’onda: a parità di energia somministrata le differenze di applicazione in virtù della lunghezza d’onda, determineranno l’interazione con i cromofori presenti. Tra i principali cromofori target, per questo trattamento, annoveriamo l’emoglobina e l’acqua. Quest’ultima nello specifico rappresenta il bersaglio migliore poiché è la sostanza maggiormente contenuta all’interno del nostro corpo ed ovviamente anche all’interno del torrente circolatorio. L’acqua dalle lunghezze d’onda dei 975 nm in poi inizia ad avere alta affinità con la luce laser.
Per questi motivi ad oggi vengono utilizzati laser a frequenze più alte (quali 1320 nm e 1470 nm) rispetto al passato (come 810 nm e 980 nm).
I laser di nuova generazione (terza) permettono così di ottenere un completo danneggiamento dell’intima utilizzando una minore potenza (W) ed una minore densità lineare di energia (LEED, J/cm). L’assorbimento locale della radiazione laser da parte del cromoforo, genera calore all’interno del tessuto irradiato. Il calore, ad alte temperature, produce un danno irreversibile a carico della struttura bersaglio. Nello specifico la denaturazione delle proteine del collagene presenti nel sub-endotelio della parete venosa si verifica quando si raggiungono temperature comprese tra i 70 °C ed i 100 ̊C. Per raggiungere tali temperature è dunque necessario, non solo erogare una sufficiente energia, ma farlo in presenza di elevate concentrazioni del cromoforo target.

Con la tecnologia LASER 1940, proprio in considerazione dell’elevata affinità per l’acqua, il raggiungimento della temperatura efficace richiede l’erogazione di potenze (W) minori in relazione alla quantità di densità lineare di energia necessaria. Questa riduzione dell’energia necessaria ad occludere efficacemente l’asse venoso si traduce in alcuni importatnti vantaggi. Il primo è il minor rischio di danneggiamento delle strutture biologiche circostanti. Questo permette pertanto di poter trattare efficacemente ma in maggiore sicurezza vene molto superficiali o adiacenti a strutture sensibili quali i nervi (ad esempio nel territorio della vena piccola safena). Gli ulteriori vantaggi sono rappresentati dalla possibilità di ridurre il quantitativo di anestetico locale durante la procedura ed un riportato minor tasso di dolore postoperatorio.


Prima e dopo intervento laser Prima e dopo intervento laser vascolare
Pre- e post-intervento laser endovascolare con laser di nuova generazione 


Descrizione della procedura

 Gli interventi sono eseguiti in regime di ricovero ambulatoriale.

Il giorno dell’intervento viene eseguito un mappaggio ecografico preoperatorio, con paziente in ortostatismo. Gli interventi sono condotti in anestesia locale con accesso vascolare percutaneo. L’intera procedura è stata eseguita sotto guida ecografica.

Le centraline LASER utilizzate sono ad oggi quelle di terza generazione (1940 nm). La procedura dunque viene eseguita tramite una puntura ecoguidata delle vena, attraverso la quale si posiziona un catetere introduttore. Attraverso quest’ultimo è possibile far avanzare il catetere laser sino al punto di giunzione tra la safena ed il circolo venoso profondo. Una volta posizionato il catetere si procede ad eseguire una anestesia locale che circondi la safena, attraverso la tecnica della tumescenza. È possibile quindi eseguire il trattamento di termoablazione laser con tecnica del pullback (retrazione controllata del catetere), applicando una densità lineare di energia laser (LEED) di minore intensità rispetto al passato (riduzione di circa il 30% dell’energia laser necessaria ad occludere la vena). Le procedure sono poi spesso completate con il trattamento della collaterali varicose.

Al termine dell’intervento, dopo controllo ultrasonografico della chiusura della vena, viene applicata ai pazienti una calza elastica monocollant 35 mmHg con l’indicazione ad indossarla h24 per 3-7 giorni e successivamente soltanto nelle ore diurne per ulteriori 4 giorni.

La durata media degli interventi è di circa 30 minuti. La terapia postoperatoria prevede la somministrazione di EBPM (Enoxaparina 4000 UI/die) per 7 giorni e terapia antidolorifica al bisogno. Il primo controllo post-operatorio avviene normalmente tra 7 e 10 giorni dall’intervento e prevede esame clinico ed ultrasonografico.



Dott. Luca Palombi
Medico specialista in Chirurgia Vascolare
U.S.I. Lido di Ostia (Villa del Lido) - Viale del Lido, 3
USI Doc Prati - Via V. Orsini, 18
U.S.I. Piazza Bologna - Via G. Squarcialupo, 36
U.S.I. Cinecittà - Viale Bruno Rizzieri, 203
 
Dott.ssa Monica Morelli
Medico specialista in Chirurgia Vascolare
U.S.I. Lido di Ostia (Villa del Lido) - Viale del Lido, 3
U.S.I. Axa-Palocco - Via Eschilo, 191